Veysi Altay, nato a Agri, nel Kurdistan turco, si occupa di fotografia e cinema da ventidue anni. Ha lavorato per molti anni nell’amministrazione di Amnesty International e per l’Associazione per i Diritti Umani (IHD) e ha anche raccontato la guerra in Rojava durante le battaglie contro l’ISIS a Serêkaniyê/Ras al-Ayn (2013) e Kobanê (2014). Le foto che ha scattato a Kobane sono state pubblicate dalla rivista Newsweek e hanno raggiunto circa dieci milioni di persone. Ha condotto ricerche d’archivio su temi come le mine, il linciaggio, il nazionalismo, i lavoratori stagionali, le sparizioni forzate per motivi politici e ha prodotto un libro fotografico, pubblicato in tre lingue, intitolato Em Ên Wenda (Noi, i desaparecidos), con cento foto e storie di vittime di sparizione forzata. È regista di diversi film documentari tra i quali
– Faîlî Dewlet (“State is the Perpetrator”, 2011), che narra la storia di chi è stato ucciso dal governo turco nella regione di Cizre tra il 1990 e il 1995.
– Jiyanên Bêdeng (“Silent Lives”, 2012), sulle vittime delle mine messe in Kurdistan dallo Stato turco.
– Berxwedana 33 Salan-Dayika Berfo (“33 Years of Resistance – Dayika Berfo”, 2014), che segue D. Berfo nella sua ricerca della verità su ciò che è accaduto a suo figlio, desaparecido mentre era sotto la custodia della polizia dopo il colpo di stato militare del 12 settembre 1980.
– Nûjîn (“New Life”, 2015), un racconto del dietro le quinte della resistenza curda a Kobanê nel 2014.
– Bîr (“The well”, 2019): negli anni ’90 molte persone in Kurdistan sono state prese in custodia e interrogate sotto tortura; i loro assassini si sono sbarazzati dei corpi lanciandoli da elicotteri o seppellendoli in pozzi pieni di acido. Migliaia di persone sono state uccise e sono desaparecidas per mano di forze paramilitari come Jitem e Hizbul-Kontra, finanziate e sostenute dallo Stato, che però ha sempre negato le proprie responsabilità. Il documentario “BÎR” (well) analizza il caso di sette persone, tra cui quattro bambini, scomparse dalla città di Kerboran [Dargeçit] nel 1995 e racconta la storia dell’instancabile ricerca delle loro ossa da parte delle famiglie.
Altay ha ricevuto quasi settanta premi da festival internazionali per le opere documentarie e fotografiche da lui dirette.