NOI ITALIANI NERI – Storie di ordinario razzismo
Presentazione del libro di Pap Khouma NOI ITALIANI NERI. Storie di ordinario razzismo, Dalai Editore, 2010.
Quali sono, oggi, le aspirazioni e i disagi quotidiani di chi indossa la pelle nera in Italia? Come vivono i nuovi italiani neri, figli di coppie miste, o adottati, o nati da genitori africani residenti da decenni nel nostro Paese? E soprattutto, esiste un problema razzismo in Italia? Come va concepita la nozione di cittadinanza nella nostra società, destinata a essere sempre più multietnica? Mescolando sapientemente l’inchiesta giornalistica con la finzione narrativa, il piano del presente e del passato, “Noi italiani
neri” si muove tra i campi di calcio – infestati dal razzismo degli ultra, in Italia, Francia e Inghilterra, a volte con la connivenza di certa politica – e i campi di battaglia della seconda guerra mondiale, raccontando il sacrificio di migliaia di soldati neri che combatterono contro le armate hitleriane, contribuirono alla vittoria ma non poterono, per il razzismo dei vertici militari americani, partecipare alla parata per la liberazione di Parigi e furono dimenticati dalla storiografia europea. Dal calcio alle banlieue, modello
di integrazione fallita da cui trarre utili lezioni per le nostre periferie, attraverso le parole di figli delle migrazioni africane nati o cresciuti tra Parigi e Milano, giovani che amano la terra dove sono nati, ma cui viene negata la piena cittadinanza, anche dopo diverse generazioni.
Rappresentiamo il Mediterraneo… Rimuginai a lungo su quella frase.
Duemila anni di storia e di mescolanze, migrazioni e integrazioni, di conquiste violente e dominazioni secolari, quanto avevano imbastardito i ceppi etnici?
Cosa rendeva “italiano” un nativo dell’Italia?
La lingua? Chiunque può impararla bene dopo qualche anno.
La religione? E gli italiani doc che si convertono all’islam non sono più italiani?
Le usanze alimentari? Ma anche una ragazza dai tratti maghrebini nata qui può amare al massimo gli spaghetti e la pizza.
E allora? Come si misura l’appartenenza? Con quanto si ama quel Paese?