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Con la partecipazione, tra gli altri, di Mario Batistini, Franca Bonichi, Paolo Borin, Beniamino Deidda e don Alessandro Santoro.
Che la scuola non stia attraversando uno dei suoi momenti più fulgidi sembra essere opinione diffusa tra coloro che ne hanno a cuore la sorte. Da troppo tempo, ormai, il dibattito pedagogico pare spento, per lasciare spazio alla semplice sfera dell’insegnamento, alle forme della didattica, ai suoi metodi e alle sue tecniche. La parola educazione merita, e occupa, spazi più ampi, tutti quegli spazi che attengono alla formazione della persona, il suo equilibrio personale e sociale, la sua capacità di gestire eventi avversi, conflitti, contraddizioni.
Quel che oggi si lamenta nei giovani è tutto ciò che la scuola ha trascurato e che la società si trova a dover tamponare tardivamente, come il disadattamento, la violenza, la labilità emotiva. Se la scuola non riprende in carico tutta quella formazione educativa globale che le compete e per la quale avrebbe le forze e le strutture adeguate, corriamo il rischio di perpetuare una inutile lamentazione sul decadimento e sulla fragilità della nostra società. Gli educatori sono la risorsa sulla quale investire energie, per metterli in grado di essere pienamente consapevoli del loro ruolo sociale, oltre che di quello sul piano dell’istruzione. Un uomo di pace può nascere da una serie di circostanze fortunate, una società pacifica si forma educandola.
